Quello avvenuto il 12 maggio scorso, con Wannacry, è stato un attacco alla sicurezza informatica, in tutto il mondo, con un ransomware micidiale. Si stima, non a caso, che in almeno 99 Paesi del mondo siano stati infettati con il malware oltre 200 mila computer, e tra questi anche quelli di tante aziende ed organizzazioni.
Si è trattato di un attacco informatico su scala globale senza precedenti sfruttando anche il fatto che a livello informatico le reti sono sempre più interconnesse e di conseguenza anche più vulnerabili per quel che riguarda il diffondersi dell’infezione. Ma detto questo, cosa è Wannacry? Ebbene, chiamato anche WanaCrypt0r 2.0, Wannacry non è altro che un virus informatico che, nel momento in cui si è insinuato nella macchina, prende il controllo del computer che potrà essere sbloccato solo a seguito del pagamento di un riscatto in Bitcoin.
I computer attaccati in tutto il mondo con Wannacry sono stati quelli con il sistema operativo Windows, e non erano purtroppo aggiornati con la patch che proprio la società di Redmond aveva rilasciato per l’installazione lo scorso 14 marzo del 2017. La modalità di infezione attraverso Wannacry è quella classica, ovverosia con finti messaggi di posta elettronica rendendo il pc non riavviabile a fronte del criptaggio di tutti i file ai quali viene aggiunta l’estensione .WCRY.
Wannacry avrebbe potuto fare ancor più danni nei giorni scorsi se un brillante ricercatore inglese, un 22-enne, non avesse contribuito a rallentare l’infezione in tutto il mondo. E questo dopo che il ricercatore ha rilevato che, prima di andare ad infettare il computer, Wannacry cercava di contattare un indirizzo web non registrato. A questo punto il 22-enne ha registrato il dominio contribuendo a rallentare l’infezione su scala globale.